L’assegno unico è una misura economica a supporto delle famiglie e il Decreto Legislativo 21 dicembre 2021, n. 230 ha introdotto un’importante modifica creando il cosiddetto assegno unico universale AUU, per ciascun figlio a carico.
Tale beneficio economico viene erogato mensilmente dall’INPS e il suo importo varia al variare della composizione familiare ma anche dell’indicatore della situazione economica equivalente (ISEE). In particolare, l’assegno ha un valore che può variare da 175 a 50 euro al mese per ogni figlio minorenne e dagli 85 ai 25 euro se il figlio ha un’età compresa tra i 18 e i 21 anni. A questo fanno eccezione i figli disabili per cui non vi sono limiti di età.
Indipendentemente dal quantum concesso, l’assegno unico spetta per ciascun figlio a carico per tutto il periodo che va dal settimo mese di gravidanza fino al ventunesimo anno, a patto che esistano determinate condizioni.
A causa della cavillosità della materia e delle recenti modifiche introdotte, in tale articolo vogliamo fornire non solo una panoramica sulla normativa, ma soprattutto la risposta alle domande e i dubbi più frequenti sollevati dai cittadini.
Per quali figli spetta l’assegno unico?
Come anticipato, l’assegno unico universale spetta per ogni figlio a carico dal 7° mese di gravidanza, fino ai 21 anni di età. Ma cosa si intende per carico?
Il sopracitato decreto legislativo n. 230/2021 lo stabilisce al secondo comma dell’articolo 1, chiarendo che “per figli a carico si intendono quelli facenti parte del nucleo ai fini ISEE nel quale è presente il beneficiario della prestazione, sulla base delle regole sancite dall’art. 3, comma 1, del D.P.C.M. 159/2013. In assenza di presentazione della Dsu, si applica analogo ragionamento”.
Ma se per i figli minori ci si attiene a quanto previsto dalla norma sopracitata, per i figli maggiorenni si rende necessario un approfondimento.
Come considerare un figlio maggiorenne che inizia un’attività lavorativa?
La doverosa premessa è che il figlio maggiorenne che convive con uno o entrambi i genitori fa parte del nucleo a prescindere dal carico fiscale purché nell’anno di riferimento della domanda dell’assegno non abbia un reddito complessivo Irpef superiore a 8.000 euro.
Da qui, un’ulteriore domanda sorge spontanea: e se invece il figlio non convive con i genitori?
Per rispondere a tale domanda occorre definire il nucleo familiare e, nel farlo, ci si attiene alla normativa ISEE. In base a tale normativa, qualora il figlio non convivente con i genitori abbia un’età inferiore ai 26 anni, sarà considerato all’interno del nucleo dei genitori con dei requisiti: se è a carico dei genitori stessi, non è coniugato e/o ha figli.
A complicare la situazione, qualora ci si ritrovi nella situazione appena descritta, ci sono le seguenti due condizioni che vanno soddisfatte:
- nel secondo anno solare precedente alla domanda, il reddito complessivo non deve superare il limite di euro 4.000;
- nell’anno di riferimento dell’assegno unico, il reddito lordo presunto non deve superare la soglia di euro 8.000.
Come già accennato, per i figli maggiorenni disabili, non si applica alcun limite di reddito.
Cosa succede quando un figlio compie 18 anni?
Non pochi contribuenti hanno sollevato dei dubbi legati al da farsi nel momento in cui il figlio diventi maggiorenne, tant’è che l’Istituto di Previdenza si è sentito in dovere di fare chiarezza con il messaggio INPS n.1714 del 20 aprile 2022.
In tale messaggio si fa riferimento al fatto che il raggiungimento della maggiore età del figlio richiede il possesso di alcuni requisiti affinché il genitore – o lo stesso maggiorenne – possano continuare a fruire del beneficio economico. In particolare, il figlio deve trovarsi all’interno di una delle seguenti casistiche:
- frequenti un corso di formazione scolastica o professionale, ovvero un corso di laurea;
- svolga un tirocinio o un’attività lavorativa e possieda un reddito complessivo che nel 2022 sia inferiore a 8.000 euro;
- sia registrato come disoccupato e attivo nella ricerca di lavoro presso i servizi pubblici per l’impiego;
- svolga il servizio civile.
Inoltre, dal punto di vista operativo, al compimento della maggiore età, la domanda deve essere integrata. Tale integrazione è da farsi attraverso due modalità alternative:
- presentazione della domanda da parte del figlio diventato maggiorenne, che dovrà essere intestatario di un conto corrente/carta prepagata. Questo porterà alla decadenza della domanda originaria presentata dal genitore, con la conseguente erogazione dell’agevolazione direttamente al figlio;
- integrazione da parte del genitore della domanda già presentata con l’indicazione del requisito posseduto dal figlio.
La nuova domanda o l’integrazione potrà essere effettuata entro la fine dell’anno di riferimento dell’assegno unico, quindi fino al 28 febbraio dell’anno successivo a quello in corso.
Qualora il genitore o il figlio divenuto maggiorenne non provvedano tempestivamente all’integrazione/presentazione della nuova domanda, l’assegno unico verrà sospeso e l’erogazione riprenderà nuovamente dopo la comunicazione e le verifiche da parte dell’INPS che corrisponderà altresì eventuali arretrati per il tardivo aggiornamento dei requisiti.