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Business online: tracciamenti, adempimenti e sanzioni

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Business online: tracciamenti, adempimenti e sanzioni

Il Fisco italiano stringe sui guadagni in rete e predispone degli strumenti per il tracciamento dei redditi generati dai business online. A tale scopo, l’Italia ha stabilito un nuovo adempimento in merito al tracciamento delle vendite online di prodotti e servizi tramite piattaforme web, con il fine di rendere certo il loro assoggettamento al pagamento delle tasse.

L’obiettivo finale è pertanto chiaro: recuperare il gettito fiscale proveniente dai business online. Tale novità si traduce in un maggior controllo per gli imprenditori digitali e soprattutto per i privati cittadini che utilizzano la rete per creare dei guadagni. Tuttavia, non costituisce un gravame fattivo in capo ad essi, poiché si sostanzia in una comunicazione da parte delle piattaforme web di vendita di beni e di erogazione di servizi, in merito ai guadagni su di esse prodotti.

È il caso ad esempio dei guadagni per le locazioni turistiche e gli affitti brevi ottenuti tramite Booking oppure dei profitti realizzati su Vinted per la vendita di capi di abbigliamento e accessori di seconda mano.

Pertanto la normativa in esame, obbliga di fatto queste grandi piattaforme web a comunicare i guadagni dei loro utenti al Paese membro dell’Unione europea in cui hanno sede.

La sola eccezione a tale comunicazione obbligatoria si ritrova negli incassi generati dai business online che siano inferiori a 2 mila euro ovvero che siano scaturiti da meno di 30 operazioni complessive.

 

Come funziona e da dove deriva il nuovo obbligo di tracciamento dei business online?

Per fare un esempio pratico, se un privato vende prodotti o offre servizi tramite le piattaforme come quelle sopra citate, queste devono comunicare i dati dell’utente all’amministrazione finanziaria di riferimento.

La particolarità del funzionamento normativo di questo strumento di verifica è che tutte le autorità fiscali degli altri Stati europei possono averne libero accesso. Rendendo in tal modo possibile verificare il regolare pagamento delle relative imposte e tasse.

Per quanto riguarda il nostro Paese, in Italia i redditi accumulati online saranno tracciati e segnalati dall’Agenzia delle entrate.

Tale nuova disposizione normativa è inserita all’interno del decreto legislativo approvato dal Consiglio dei Ministri il 23 febbraio scorso e proviene dal recepimento della Direttiva UE sulla tracciabilità delle vendite online (direttiva UE 2021/514 (Dac 7).

Secondo le stime di Bruxelles, con questo nuovo strumento normativo di tracciamento dei guadagni, si potranno ottenere complessivamente circa 30 miliardi di euro di gettito fiscale.

 

Redditi da business online: quali dati verranno comunicati

La recente normativa volta al contrasto dell’evasione fiscale, prevede la regola generale secondo cui il gestore della piattaforma comunica all’autorità competente i dati dei venditori.

Rispetto a quali siano tali dati, c’è da fare un distinguo: nel caso di privati (per esempio chi decide di vendere online oggetti usati) saranno comunicate generalità, codice fiscale o partita IVA, eventuale NIF (numero di identificazione fiscale), mentre nel caso di imprese saranno comunicati i dati identificativi come la ragione sociale, l’indirizzo della sede, la partita IVA, l’eventuale NIF e altri dati dell’attività necessari all’identificazione.

In aggiunta alle informazioni identificative sopra viste, ci saranno ulteriori dati da comunicare, come quelle relative al conto finanziario, la sua titolarità, lo stato di residenza del soggetto venditore, il corrispettivo versato per il bene ceduto o il servizio reso ed eventuali commissioni già pagate.

Infine, per i servizi che riguardano immobili (come gli affitti brevi), la piattaforma comunica anche i dettagli sulle operazioni (l’immobile oggetto della prenotazione e i giorni in cui è stato locato).

Ovviamente, data la mole e la sensibilità dei dati comunicati, la direttiva prevede specifici obblighi di privacy, per cui i venditori devono essere informativi del trattamento dei dati. Inoltre, per stringere le maglie dei venditori che potrebbero non essere tracciati, la normativa impedisce alle piattaforme web di accettare i venditori (imprese o privati che siano) che non forniscano tutti i dati richiesti per tali comunicazioni.

 

Adempimenti preliminari in capo alle piattaforme di vendita

Quando si parla di gestori delle piattaforme web la normativa fa riferimento a “qualsiasi software, compresi i siti web o parti di essi e le applicazioni, comprese le applicazioni mobili”.

Tali piattaforme dovranno compiere delle operazioni preliminari e, in particolare, dovranno registrarsi presso le autorità competenti dello Stato membro di appartenenza. Per evitare comportamenti negligenti, è stato previsto un sistema sanzionatorio, pertanto ogni mancata comunicazione comporterà una sanzione da 3.000 a 31.500 euro.

In merito alla decorrenza della normativa in esame, essendo la direttiva già applicata dal 31 dicembre 2022, le prime comunicazioni dovranno arrivare entro il 31 gennaio 2024 ed essere quindi relative ai redditi del 2023.