L’Agenzia delle Entrate ha recentemente fornito ulteriori chiarimenti attraverso la risposta a un interpello (Interpello AdE 460/2022) riguardante il regime fiscale degli impatriati.
Tuttavia, tali chiarimenti hanno generato discussioni e perplessità, sollevando dubbi sulla coerenza con la normativa vigente e aprendo il dibattito su alcuni punti critici.
È pertanto opportuno esaminare in modo approfondito la normativa relativa al regime degli impatriati, la sua attuazione pratica e confrontarla con gli orientamenti precedentemente forniti dall’Amministrazione finanziaria.
Il Regime degli Impatriati: Premesse e Evoluzione
Il regime degli impatriati è stato inizialmente introdotto attraverso il cosiddetto “Decreto Internazionalizzazione“. Questo regime rientra tra le misure di agevolazione destinate alle persone fisiche che decidono di trasferire la loro residenza in Italia al fine di intraprendere un’attività lavorativa.
Tale attività può essere subordinata (o assimilata), autonoma o d’impresa. Nel corso del tempo, questo regime ha subito modifiche significative, tra cui le più rilevanti apportate dall’art. 5 del “Decreto Crescita” n. 34/2019, in vigore dal 1 maggio 2019.
Successivamente, il Decreto Legge n. 21/2022 ha ulteriormente apportato precisazioni in materia, focalizzandosi, ad esempio, sulle specificità dei rapporti di lavoro degli sportivi che rientrano in questa categoria.
L’obiettivo principale di questo regime è duplice: attrarre professionalità di alto livello in Italia e incentivare l’incremento dei “contribuenti italiani” al fine di aumentare le entrate statali.
Non è affatto inconsueto che nazioni di tutto il mondo adottino regimi di favore simili per attrarre investimenti e risorse umane. In questo senso, l’Italia ha seguito la tendenza internazionale, adattandola alla realtà nazionale.
Agevolazioni e Incentivi del regime degli impatriati
Le agevolazioni offerte dal regime degli impatriati possono giungere fino al 90% di esenzione del reddito prodotto per i primi 5 anni, e la possibilità di ulteriori proroghe rende l’offerta ancora più allettante per chi decide di intraprendere questa strada.
Queste misure sono state già adottate con successo in altre giurisdizioni internazionali, in alcuni casi anche in modo più ampio e vantaggioso. In questo contesto, l’Italia si è allineata con le best practice globali.
Regime Fiscale degli Impatriati: La Normativa Attuale
L’articolo 16 del D. Lgs. n. 147/2015 costituisce il fulcro di questo regime, delineando il trattamento fiscale dei redditi di lavoro dipendente, autonomo e d’impresa prodotti in Italia da lavoratori che scelgono di trasferire la loro residenza in Italia.
Tuttavia, tali redditi concorrono alla formazione del reddito complessivo solo fino al 30% del loro ammontare.
Ciò che distingue il regime sono i requisiti che il lavoratore deve soddisfare e, in particolare:
- non deve essere stato residente in Italia nei due periodi di imposta precedenti il trasferimento;
- l’attività lavorativa deve essere prevalentemente svolta sul territorio italiano;
- deve impegnarsi a risiedere in Italia per almeno due anni.
Inoltre, il regime prevede ulteriori agevolazioni se il lavoratore ha figli a carico o diventa proprietario di un’unità immobiliare residenziale.
Un aspetto da considerare attentamente riguarda il concetto di “lavoro subordinato”. Qui la normativa non fa distinzione sulla base della nazionalità del datore di lavoro o delle modalità di lavoro come lo “smart working”. Quello che conta è che il lavoro sia effettivamente svolto in Italia.
Un ulteriore elemento da evidenziare è la possibilità di estendere le agevolazioni per ulteriori 5 anni.
Questa estensione può essere attivata se il lavoratore ha figli a carico o diventa proprietario di un’unità immobiliare residenziale. Inoltre, se un lavoratore dovesse lasciare l’Italia dopo il biennio di permanenza richiesto ma entro la fine del quinquennio agevolato, avrebbe la possibilità di fruire nuovamente del regime.
L’Interpello e il Dibattito Attuale
L’interpello presentato all’Agenzia delle Entrate riguardava la situazione di un lavoratore che aveva già beneficiato del regime degli impatriati, ma che era successivamente rientrato in Italia dopo un periodo all’estero.
L’interpello ha sollevato la questione dell’ulteriore fruizione del regime agevolato in questa circostanza.
In particolare, l’Agenzia delle Entrate ha risposto affermando che il lavoratore potrebbe beneficiare nuovamente del regime per ulteriori 5 anni.
Questo caso specifico ha evidenziato la necessità di ulteriori chiarimenti e, di conseguenza, ha alimentato il dibattito attuale sulla disciplina fiscale degli impatriati in Italia.